Sovrappeso, obesità, dimagrimento: occhio alle aziende alimentari senza scrupoli

Come abbiamo detto nel post precedente, quando si desidera ridurre il sovrappeso ragionare per calorie non ci aiuta per niente ad impostare il regime alimentare giusto per noi: intanto a causa del concetto stesso di caloria, che è molto lontano dalla nostra fisiologia reale e non riesce a descrivere il modo in cui il nostro corpo funziona e reagisce. E poi perché non sempre ridurre l’apporto calorico ci fa dimagrire.

Ciò che ci hanno insegnato a pensare sulle calorie ci ha portato infatti, tra le altre cose, ad un errore concettuale implicito: pensare che il potere ingrassante di un cibo sia rappresentato dal suo potere calorico. Come nutrizionista, devo dire che si tratta di un concetto decisamente limitato.

È evidente che mangiare arachidi tutti i giorni come dessert a fine pasto apporterà un sacco di energia extra e, se eravamo in equilibrio alimentare e non aumentiamo l’attività fisica, ci farà ingrassare; e non c’è dubbio che il pane o la verdura non apportano tanta energia quanto lo stesso peso in grammi in arachidi. Non sto dicendo, quindi, che tutti i cibi forniscono la stessa quantità di energia; ma ciò che non si trova mai nei testi o nelle riviste “specializzate” è che anche un alimento che altera, rallenta, o comunque disturba i processi digestivi porta ad un aumento di peso.

Come accennavamo qualche giorno fa, sono soprattutto gli errori metabolici a causare alterazioni della capacità dell’organismo di autoregolarsi. Sono patologie definite dismetaboliche.
Le sostanze che il nostro corpo non sa come trattare − o che trova difficoltà a trattare − causano rallentamenti, stasi, errori di gestione dei nutrienti. Queste sostanze sono problematiche per tre ordini di motivi:

  • il loro potere ingrassante non dipende dalla quantità assunta e non può essere predetto dal computo calorico;
  • sono in grado di influenzare anche l’esito metabolico dei pasti successivi;
  • a differenza di un sano apporto ipercalorico, non è possibile compensare l’effetto di queste sostanze con l’attività fisica, proprio perché l’aspetto energetico non viene coinvolto.

Sostanze di questo genere possono stazionare nell’intestino per giorni e giorni, rallentando e alterando la digestione e l’assimilazione di ciò che nel frattempo mangiamo: comportamenti che sono alla base del sovrappeso e di una sedie di malattie. Dev’essere chiaro, infatti, che certe sostanze non si limitano a farci ingrassare ma possono creare veri e propri stati patologici. E qui è necessario, prima di procedere, aprire una parentesi.

L’industria alimentare, come tutte le altre, punta a massimizzare il profitto. Ciò significa minimizzare i costi e massimizzare i ricavi. Qui sarò duro, ma onesto: all’industria non importa nulla della qualità della vita delle persone, o della loro salute. Più grande è l’azienda, più spietato e senza scrupoli è il suo comportamento.
Esistono diverse ragioni che hanno portato a questa situazione, su cui non mi soffermerò. Quello che ci interessa qui è essere consapevoli del fatto che un’azienda corretta studierà a fondo le leggi locali, e nell’ambito delle scelte legali farà quelle che più massimizzano il suo profitto, anche se abbassano la qualità della vita dei suoi clienti; un’azienda che non si fa scrupoli di infrangere la legge aggiunge invece ai suoi prodotti qualsiasi sostanza che possa aumentarne il profitto: vedi il latte cinese alla melamina del 2008, il vino italiano alla diossina di qualche anno fa, le uova e le carni tedesche alla diossina della settimana scorsa… E chi non ricorda la storia della Pacific Gas and Electric Company, combattuta da quella Erin Brockovich portata sullo schermo da Steven Soderbergh e Julia Roberts? Non si trattava in quel caso di industria alimentare, ma l’atteggiamento è lo stesso.

Torniamo al cibo: in pratica, questi signori sono come spacciatori che tagliano la droga con qualsiasi sostanza pur di moltiplicare pani, pesci e… guadagni. Diecine di aziende fuorilegge in tutto il mondo mettono nei loro prodotti praticamente qualsiasi cosa.
Lo saprete già, ma la diossina dei prodotti tedeschi arriva dalla Harles und Jentzsch, produttrice di mangimi industriali, che ha utilizzato grassi contaminati il cui livello di diossina era 78 volte superiore ai imiti di legge. Lo sapevano, ma per nove mesi hanno continuato a vendere i loro prodotti agli allevatori di bestiame come se niente fosse (pensate: polli ed erbivori nutriti esclusivamente con polveri chimiche industriali di natura animale. Poi dice che cambia il cibo, e cambiano le malattie. Mah).
Ricordiamo che le diossine sono una classe di sostanze a riconosciuta attività cancerogena, che hanno il brutto vizio di non biodegradarsi, cioè dove arrivano, restano. La più famosa e pericolosa per l’uomo è la TCDD.

Senza voler fare terrorismo, è necessario dire che se non tutte le aziende sono gestite in maniera malavitosa, questo non risolve completamente la questione. Perché, lo sottolineo, qui il problema non è solo che alcuni delinquenti ci stanno avvelenando (speriamo che i criminali vengano sempre più scoperti e perseguiti in ogni parte del mondo), ma che esistono tantissime sostanze di uso legale in molti paesi che, non per questo, fanno bene alla salute. Nel prossimo post analizzeremo quelle che è meglio evitare per una qualità di vita superiore; il che significa anche, naturalmente, evitare il sovrappeso.

Image courtesy tuttomamma.com
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