Gli errori nello stretching

Una donna rilassata in un esercizio di stretching

Esercizio con una buona tecnica di esecuzione

Quale che sia il tipo di stretching che pratichiamo, e quale che ne sia il fine, la fisiologia ci viene in soccorso suggerendoci i comportamenti e le scelte tecniche di volta in volta più idonei; da queste indicazioni possiamo capire come esistano modalità antifisiologiche di esecuzione e di gestione dell’esercizio, nelle quali è bene non indulgere.

Di alcuni abbiamo già detto: mai arrivare al dolore (mai come in questo caso il detto no pain, no gain può essere deleterio); non forzate l’allungamento negli ultimi 30 secondi per finire un esercizio in crescendo (contrariamente a quanto l’istinto suggerisce, non serve a nulla, anzi può ridurre l’effetto di un esercizio ben fatto); evitate di usare il famigerato rimbalzo (si ottiene l’effetto opposto, cioè di irrigidire il muscolo anziché allungarlo e rilassarlo).

Oggi vorrei invece parlare di questioni fiosioanatomiche che ricorreranno sempre nei vostri allenamenti, e che devono quindi essere ben assimilate da ogni praticante. In particolare dobbiamo occuparci della fisiologia dell’arto inferiore quando è a terra.
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La flessione del piede

Definizione: la flessione del piede è dorsale quando le dita si rivolgono verso il ginocchio (parte inferiore della foto qui a lato), ed è plantare quando se ne allontanano (parte superiore della foto).
(In effetti la flessione plantare nell’immagine non è molto accentuata, ma ogni persona ha limiti propri.)

Quando la gamba tesa poggia completamente a terra, come nella foto di apertura di questo articolo, portare il piede in flessione plantare (cosa che la nostra brava amica non fa) fa sporgere il calcagno verso il basso. Si tratta di una posizione considerata più elegante da molti (e pressoché obbligatoria in discipline quali la danza e la ginnastica), ma del tutto antifisiologica: si crea infatti una sospensione a ponte nella quale, quando ci pieghiamo sull’arto teso, sulla parte posteriore del ginocchio (la fossa poplìtea, che non è solitamente a contatto col terreno) grava un carico rilevante, che non rende contenti tendini e legamenti di quell’area.
Certo ognuno di noi è fatto in un certo modo, ma solitamente la flessione dorsale riduce di molto la sospensione e di conseguenza il carico sulla fossa poplitea.
Come si può facilmente intuire, l’uso di scarpe (specie quelle da corsa, pesantemente carenate nel posteriore) invece aumenta il problema: meglio toglierle. Aiuta anche molto stare su un tappetino o un materassino (di buono spessore) e tenerne il tallone fuori: vi accorgerete del maggiore comfort di questa soluzione.
Notate anche quanto sia fisiologico l’atteggiamento dell’atleta nella foto di apertura di questo post: tirando indietro la punta del piede con le mani (per chi riesca ad arrivarci, naturalmente) se ne aumenta la flessione dorsale, riducendo ancor di più il carico sul ginocchio.

Insomma, come regola generale, più riduciamo il dislivello tra il tendine d’achille ed il tallone e più fisiologica sarà la nostra posizione. Si comprende, quindi, che la posizione illustrata qui a lato è in assoluto la più antifisiologica, e perché io consigli di evitarla senz’altro: a fronte dei problemi che presenta; non offre alcun vantaggio.
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La rotazione dell’arto inferiore

L’ultima questione su cui vorrei portare la vostra attenzione riguarda la posizione in rotazione dell’arto teso quando sia a terra.
Se sediamo a terra con le gambe tese, non importa quanto divaricate, nella maggior parte degli individui gli arti inferiori tendono all’extrarotazione; in altre parole, se rilassiamo i muscoli le punte dei piedi tenderanno a cadere verso l’esterno (il contrario avviene raramente). Per effettuare esercizi di stretching efficaci per la parte posteriore/mediale della coscia è opportuno che gli arti inferiori non siano ruotati, ma che siano in linea: in questo modo la trazione sui muscoli da allungare avviene secondo vettori paralleli alle loro fibre. Posto che l’arto abbandonato e rilassato tenda all’extrarotazione, viene spontaneo a molti correggere con una piccola contrazione muscolare e riportarlo in posizione neutra (la posizione anatomica). Tuttavia, questa contrazione utilizza muscoli che, per il fine dell’esercizio, sarebbe meglio restassero rilassati.
Come risolvere? Con un piccolo trucco: quando gli arti inferiori sono ravvicinati tra loro, vi consiglio di tenere le punte dei piedi unite con un leggero giro di corda o di elastici (vanno bene anche le stringhe delle scarpe); quando sono divaricati, di poggiare il margine esterno dei piedi contro un appoggio in modo che l’arto si mantenga in posizione anatomica senza alcuna azione muscolare.

Vedrete che con questi due accorgimenti le vostre sedute di stretching saranno più fisiologiche e più produttive.

Nel prossimo articolo: ma come funziona lo stretching, e perché?

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